domenica 24 gennaio 2010

Laboratorio "Portare fuori" Carcere Secondigliano seconda parte


"Portare fuori"

gli "insegnanti"al completo:
Antonella Ossorio, Io, Marianna Cappelli,
Pio Acito, Fuad Aziz, Alfredo Stoppa, Nicoletta Torre.

Io, Antonella e Marianna ringraziamo in particolare le insegnanti, i ragazzi, gli uomini del
- Braccio S1-S2- che ci è stato assegnato, per la bella ed intensa esperienza di lavoro.


( nella foto in alto i libri nel vento di" zio" Pio foto M.Cappelli)


(l'entrata foto mia )

Sono gli occhi quelli che ti restano più impressi.
Gli occhi sono quelli dei detenuti, affamati e attenti, scrutatori profondi, occhi che cercano nei tuoi la libertà che non hanno, in ogni domanda e in ogni risposta.
I detenuti sono quelli del Carcere di Secondigliano, un penitenziario dove quando entri vuol dire che non uscirai per molto tempo, destinato a chi deve scontare pene definitive.

SI INSEGNA O SI IMPARA?

Entrata nell’aula, rimango in piedi e tanti occhi tra un buongiorno come una monodia si alza e rimbomba nella stanza mi prende un imbarazzo, non so come comportarmi.

Veniamo presentati, ci presentiamo, Io ,Antonella e Marianna e all’improvviso come un corto circuito,

tutto è saltato, il programma e tutto il filo del laboratorio che magistralmente era stato scritto in un italiano perfetto e con punti ben fatti e divisioni ben strutturate, salta.

E tutte le mie domande e le mie paure, le mie protezioni si sono frantumate e ho capito che sarebbe stato un incontro alla pari.

UNA VOCE SOLA

Il laboratorio diventa a quel punto non un apprendimento trasmesso dalla cattedra o da un manuale,

ma un percorso interiore in cui interrogando l’interlecutore escono alla luce i suoi pensieri.

Al centro dell’attività e posto a tutti i presenti un’idea del "sé" attraverso, il disegno la parola e osservando le foto di Marianna Cappelli che portano ricordi legati all’infanzia, n’esce un percorso che attraverso le domande fatte all’interlocutore lo aiuta a mettere in luce il suo pensiero.

Le persone mi renderò conto insieme ad Antonella e Marianna, durante gli incontri passano il confine della lingua scritta, attraverso l’oralità e la domanda, valicando il confine ancora più grande che è l’assenza della comunicazione nella realtà in cui vivono e che li mette sulla difensiva, superando poi nei giorni a venire la fase ostile della richiesta di cattedra, trovando alla fine un profondo equilibrio ed una liberazione anche attraverso il disegno.

Mettendoci alla fine in relazione con loro rendendo le relazioni parallele e non conflittuali.

Nessun merito assoluto, per noi, bensì un rapporto reciproco, uno scambio.

Ecco che le due lingue s’incontrano l’esterno e l’interno entrano in un processo di comunicazione che diventa

una voce sola.

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